La Corte EDU (in composizione ristretta) ravvisa all’unanimità la violazione del diritto alla libera circolazione (stabilito nell’art. 2 del Protocollo addizionale n. 4), a motivo dell’indeterminatezza delle espressioni contenute nelle prescrizioni impostegli nella misura di prevenzione. La Corte – al riguardo – si riallaccia al precedente della Grande Chambre del 2017 De Tommaso c. Italia. Tale pronunzia è – com’è evidente – successiva al procedimento qui in esame, come pure è posteriore a esso la sentenza della Corte costituzionale italiana n. 24 del 2019 (pure richiamata nel n. 14 della sentenza), che ha dichiarato in parte illegittimo l’art. 4 del decreto legislativo n. 159 del 2011, cui gli artt. 6 e 8 si agganciano.
Il ricorrente, Sergio Gangemi era stato attinto, nel 2013, dalla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, per provvedimento del tribunale di Latina, in quanto delinquente abituale e soggetto che viveva dei proventi di attività delittuose, ai sensi degli artt. 1, 6 e 8 del decreto legislativo n. 159 del 2011. Gli era stato prescritto (tra l’altro) di “vivere onestamente e di rispettare le leggi”. Il procedimento si era concluso definitivamente nel 2017, allorché la Corte di cassazione aveva dichiarato inammissibile il suo ricorso.
Al ricorrente sono assegnati 7 mila euro per il danno morale e nulla per le spese, perché non richieste.