Progetto InnocentI

REVOCAZIONE CONFISCA PREVENZIONE – RIVALUTAZIONE PROVE – ESCLUSIONE

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZIONE PRIMA PENALE, SENTENZA DEL 31 GENNAIO 2013.

In tema di confisca disposta ai sensi dell’art.
2-ter della legge n. 575/1965, la revoca di tale provvedimento, disciplinata dall’art. 7 della legge n. 1423 del 1956, resta esclusa ove richiesta al fine di rivisitare lo stesso quadro fattuale già delibato in sede di applicazione della misura.
L’istituto della revoca ex tunc, infatti, è operativo soltanto a fronte di prove nuove, o sopravvenute alla conclusione del procedimento di adozione del provvedimento di confisca, o non previamente valutate, o in caso di inconciliabilità di diversi provvedimenti giudiziari, o ancora quando il giudizio di prevenzione sia fondato su atti falsi o su altri fatti costituenti reato. Lo ha stabilito la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6016, depositata il 7 febbraio 2013.
Il caso. La pronuncia in esame ha ritenuto infondata, nel caso specifico, la tesi sostenuta dalla difesa dell’imputata, secondo cui la pubblica accusa non aveva fornito prova alcuna dell’origine illecita del bene sottoposto a confisca e pertanto, nel dubbio su tale circostanza, il Tribunale di Teramo avrebbe dovuto propendere per la revoca del provvedimento. Inoltre, sempre secondo le allegazioni difensive, l’imputata era stata assolta dall’accusa di falsa attestazione di rapporto di lavoro dipendente: ciò avrebbe giustificato la revoca della confisca, in quanto veniva così a mancare il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa da parte della prevenuta e – di conseguenza – la sproporzione tra il valore dell’immobile confiscato e i redditi e le attività della proprietaria di esso.
La revoca del provvedimento di confisca ex art. 2 ter l. 1423/56 … Come è noto, la misura di prevenzione patrimoniale della confisca è prevista dall’art. 2 ter l. 1423/56, recentemente abrogato dall’art. 120, comma primo, lettera b), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Tale misura scatta con riguardo ai beni dei quali la persona, nei cui confronti è iniziato il procedimento, risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite, o ne costituiscano il reimpiego.
Siffatto provvedimento scaturisce dalla necessità di aggredire le organizzazioni criminali nella loro componente economico-finanziaria, connessa all’esercizio di attività criminali, al riciclaggio di denaro sporco e al reimpiego dei proventi illeciti, attraverso provvedimenti tendenti al sequestro ed alla confisca del patrimonio illecitamente ottenuto.
Il bene viene confiscato quando è nella disponibilità del soggetto destinatario della misura. La nozione di disponibilità contempla sia l’attuale relazione con il bene, sia una serie di situazioni assai diverse tra loro, quali (come nel caso di specie) il diritto di proprietà, o intestazioni fittizie in capo ad un soggetto terzo, in virtù, per esempio, di contratti simulati o di intestazioni fiduciarie, o ancora posizioni di mero fatto, basate su rapporti di soggezione del terzo titolare del bene con il soggetto sottoposto alla misura di prevenzione.
“ incontra determinati limiti applicativi. La sentenza in commento si pone in linea con un consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (ex multis Cass. pen., S.U., n. 57/2006, Auddino), secondo cui, in tema di misure di prevenzione reali, la revoca del provvedimento di confisca può avvenire, in primo luogo, nel caso in cui quest’ultimo risulti affetto da invalidità genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso, per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell’errore giudiziario.
Inoltre, ai fini della revoca rilevano unicamente le prove nuove e sopravvenute rispetto al momento in cui fu adottata la misura di prevenzione reale. Ne consegue che non costituisce prova nuova una diversa valutazione tecnico-scientifica di dati già valutati, che si tradurrebbe in apprezzamento critico di emergenze oggettive, già conosciute e delibate nel procedimento.
Sul piano soggettivo, infine, la revoca de qua non può essere richiesta da chi, pur dovendo intervenire perché formalmente titolare dei beni sequestrati, non sia stato chiamato a partecipare al procedimento e comunque non vi abbia partecipato.
Nel caso in esame, la Prima Sezione della Suprema Corte ha ritenuto non sufficiente, ai fini della revoca della confisca dell’immobile dell’imputata, la circostanza sopravvenuta dell’assoluzione dall’accusa di falsa attestazione di rapporto di lavoro, atteso che il provvedimento di confisca era stato disposto anche sulla base di altre ed univoche risultanze, quali i numerosi precedenti penali della prevenuta e la sproporzione fra ammontare dei redditi dichiarati e valore del bene confiscato.

 

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