CASO GABRIELE ARAL

IL CASO GABRIELE ARAL CONDANNATO PER L’OMICIDIO DEI GENITORI

Una condanna definitiva dopo 3 gradi di giudizio tutti perfettamente in sincrono come verdetto, nessuna esitazione, nessuna revisione di giudizio nei giurati: così fu per il povero Aral Gabriele accusato con sentenza definitiva di aver ucciso i suoi genitori Gaspare Gabriele ed Elena Figuzzo con una dose massiccia di sonnifero Minias (e forse in concorso con l’avvelenamento-soffocamento indotto dalla chiusura dei poveri corpi in due sacchi della spazzatura). Un delitto strano, che, in contemporanea con la vicenda Cogne, paralizzò nel 2002 l’Italia intera nell’orrore; eppure un delitto che sembra proprio non appartenere psicologicamente ad Aral: a detta di tutti i testimoni, figlio affettuoso e irreprensibile, anche se un pò viziato, il classico “cocco di mamma”, obbediente e studioso che tutti gli adulti avrebbero voluto come figlio. Questo delitto lascia con sè l’impressione che poco sia stato spiegato: colpa dei resoconti televisivi lacunosi? Colpa delle indagini?

Secondo la sentenza definitiva, Aral Gabriele avrebbe ucciso i genitori, per non dover rivelare di aver dato ad intendere di essere prossimo alla laurea, quando mancavano ancora circa venti esami. Un delitto infantile, da persona immatura, secondo il PM di allora. Certo, la brutale dinamica materiale del delitto cospira contro il povero ragazzo: l’unico che avrebbe potuto essere nei luoghi del delitto all’ora del delitto; gli indizi sono indizi, certo questi sono indizi pesanti, comunque li si giudichi. Ma e’ il movente ad aver lasciato (per ammissione stessa del PM) i principali e insoluti interrogativi. Un primo elemento: Aral, nei giorni dell’omicidio era obiettore di coscienza presso una struttura di disabili. Pur essendo ancora studente, aveva perso il diritto di ottenere il rinvio del servizio di leva: evidentemente, per non aver dato un numero di esami sufficienti. Possibile che questa circostanza non avesse messo in allarme i genitori? Quale genitore, quando arrivava la famosa “cartolina rosa”, non subodorava che qualcosa non andava? Primo mistero.

Secondo mistero, cosa ha fatto Aral nei due anni in cui si recava a Camerino (cioè fuori casa) senza dare esami? Nessun reportage lo spiega, Aral si limita solo a dire che sì era entrato in crisi in quel periodo ma che aveva paura di rivelarlo alla mamma, allora tanto malata! Chi può escludere che forse proprio in quei “due anni”, autentico “buco nero” della vita di Aral, risiedano i possibili motivi che hanno scatenato il Delitto? Nessuno però ha dato spiegazioni chiare su questo pur rilevante aspetto della vicenda. Terzo mistero, il Delitto: aldilà delle discusse dinamiche in sede di consulenza tecnica (indotti dai dubbi dell’efficacia letale del sonnifero Minias), la tecnica del delitto rivela una gelida premeditazione, che nulla ha a che fare con il quadro classico dei delitti familiari, che di solito esplodono durante litigi, o avvengono in modo preterintenzionale. Certo, gli “innocentisti” hanno tratto spunto da queste circostanze per dire che il delitto non poteva appartenere “psicologicamente” ad Aral, ragazzo emotivo, che mai avrebbe potuto agire con tanta freddezza. Esclusa l’ipotesi che Aral fosse schizofrenico, per attribuire ad Aral un gesto simile, occorreva un movente più consistente della … laurea! A questi gesti, a tanta freddezza, si arriva di solito con la classica crisi dell’ “assassino”, che classicamente si trova messo alle strette, al punto che l’unica soluzione che gli si prospetta per uscire dal vicolo cieco in cui si trova è il delitto. Ma allo stato nessuno è riuscito a dire molto di più sui possobili moventi al di fuori della … laurea. Quarto mistero (almeno nei resoconti di Leosini e Petrelluzzi): la domestica. I Gabriele avevano una domestica ad ore, che dichiarerà alla stampa di aver tentato di recarsi a casa dei Gabriele il giorno dopo il delitto (prima della scoperta dei cadaveri), ma invano. E come ha giustificato questo atteggiamento la donna? “Ho dedotto che fossero a Camerino alla laurea di Aral”. Molto strano che una domestica, verosimilmente pagata per svolgere pulizie ad ore, e che avrebbe avuto quindi tutto l’interesse a recarsi a casa Gabriele (dove per di più si trovava lo Studio da Commercialista del babbo di Aral), sia rimasta senza far nulla, soddisfatta di una simile “auto-spiegazione”. Come è molto strano che una domestica, che evidentemente non può permettersi di perdere ore di lavoro (per non perdere il proprio salario), si sia accontentata di chiamare casa Gabriele, senza essersi messa in contatto con Aral: l’unico su cui avrebbe potuto contare per lavorare in assenza dei coniugi Gabriele. Sapeva qualcosa la domestica? Avrebbe potuto dire qualcosa di più convincente su Aral per scagionarlo o accusarlo? Niente paura, non intendiamo paragonare (in un empito di zelo giallistico) la povera domestica di casa Gabriele alla domestica della Cianciulli, il “mostro di Correggio”, testimone delle procedure (fallite) di saponificazione delle vittime; ma certo, qualche dubbio è legittimo porsi, specie nelle lacune dei reportages televisivi. Si è molto parlato di possibili “scheletri nell’armadio” del Padre Commercialista e si è scandagliata la sua vita d’affari per dedurre possibili moventi per un delitto: ma nulla è uscito. Delle due l’una: o chi ha commesso il Delitto Gabriele ha commesso davvero il “delitto perfetto”; oppure il colpevole è davvero Aral, per motivi che non possono risiedere nella bugia della laurea. Qualche volta, i colpevoli confessano dopo anni e scagionano gli innocenti in galera; qualche volta, sono i colpevoli condannati, che, dopo essersi professati innocenti per anni, cedono e confessano la colpevolezza. Il tempo come sempre dirà la sua sul triste e tenebroso caso di Aral Gabriele.

Il caso di Gabriele Aral è ora in mano alla ong PROGETTO INNOCENTI che ha già messo a lavoro i propri avvocati.


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