Progetto InnocentI

Strage di Bologna, le motivazioni della sentenza: «Prove eclatanti che Gelli contribuì, insieme a una sorta di servizio segreto occulto»

Bologna, i giudici della Corte d’Assise sul processo ai mandanti del 2 agosto 1980 scrivono: «La figura di  Paolo Bellini ne è conferma ed elemento costitutivo». La strage va inquadrata in uno «scenario politico internazionale

«Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della stragecontribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di serviziosegreto occulto che vede in Federico Umberto D’Amato (direttore Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno dal ’71 al ’74, ndr), la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo». È una delle conclusioni a cui arriva la Corte di assise di Bologna nella sentenza del processo a Paolo Bellini per l’attentato del 2 agosto 1980, dove si parla anche di mandanti e finanziatori e del ruolo della loggia massonica P2.  La strage non sarebbe stata conseguenza dello «spontaneismo armato» di gruppi neofascisti, ma un obiettivo importante della strategia della tensione. I neofascisti agirono «con i servizi deviati o con elementi della massoneria». Per le toghe della corte d’Assise di Bologna si voleva colpire «il cuore delle istituzioni democratiche. Emblematica la scelta di agire il 2 agosto in una stazione gremita di persone in partenza per le vacanze e simbolica l’opzione di colpire il capoluogo emiliano, città roccaforte del Pci e simbolo della Resistenza in Italia, nonché da sempre portatrice di valori progressisti e democratici».

«I mandanti sono contenuti nel capo d’imputazione»

I giudici nelle motivazioni hanno tracciato i legami tra i terroristi neri e i centri nevralgici della «strategia della tensione». «Ciò che si può dire -scrive la Corte d’Assise presieduta dal giudice Francesco Caruso – all’esito dell’indagine della Procura generale e del dibattimento, e che l’ipotesi sui `mandanti´ non è un’esigenza di tipo logico-investigativo, ma un punto fermo». La sentenza cui si riferiscono le motivazioni è quella che ha comportato l’ergastolo per Paolo Bellini per la strage della stazione di Bologna, in ipotesi commessa in concorso con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti. «La strage di Bologna – ragiona la Corte – ha avuto dei `mandanti´ tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario e talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica internazionale da quelle figure, quale contesto operativo della strage di Bologna». La Corte ha ritenuto decisivo il cosiddetto «documento Bologna» attribuito a Licio Gelli e nel quale figurano indicazioni e anche cifre che sarebbero state pagate per pianificare e mettere a segno l’attentato.

Le cause vanno comprese «allargando il campo di osservazione»

Secondo i giudici «anche la causale plurima affonda radici nella situazione politicointernazionale del paese e nei rapporti tra estremisti neri e centrali operative della strategia della tensione sui finire degli anni Settanta». È quindi «nella complessa realtà politica di quegli anni che vanno trovate le causali della strage, una causale la cui individuazione va compresa allargando ancora di più il campo di osservazione cui ci si è dovuti necessariamente contenere in questo processo».

La Corte sottolinea il dovere della memoria

Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi sono tutti morti, ma la Corte sottolinea l’importanza di andare oltre la responsabilità penale. «L’impunità per `morte del reo´ non chiude necessariamente la sequenza che riguarda il dovere di preservare la memoria, combinando il diritto di sapere delle vittime col complesso di garanzie che possono renderlo effettivo nonostante l’impraticabilità di un giudizio di responsabilità». Così un passaggio dell’introduzione della motivazione della sentenza. Nella parte iniziale delle 1.714 pagine, i giudici affrontano alcuni temi, come quelli che li portano a valutare fatti compiuti da persone nel frattempo decedute, come Licio Gelli, Umberto Ortolani, Mario Tedeschi e Federico Umberto D’Amato, indicati nelle imputazioni, ma anche Sergio Picciafuoco. «Resta il punto ineludibile che il diritto alla riparazione e a qualsiasi forma risarcitoria inizia con la verità dei fatti, principio che vale non solo per il processo penale, ma per qualsiasi forma giudiziale in cui un diritto può essere tutelato fino a prescrizione», prosegue la Corte presieduta da Francesco Caruso.

Per i giudici Paolo Bellini faceva parte del commando della strage

I giudici d’Assise non hanno dubbi sulla presenza di Paolo Bellini nella stazione di Bologna il 2 agosto del 1980. Per l’esplosione di Bologna sono già stati condannati all’ergastolo in via definitiva gli estremisti di destra Valerio «Giusva» Fioravanti, Francesca Mambro e a 30 anni Luigi Ciavardini. La certezza dei giudici sulla presenza di Bellini quel giorno deriva da un filmato amatoriale girato da un turista tedesco, Harald Polzer, che lo riprese pochi minuti dopo l’esplosione. A rafforzare la prova è arrivata per la Corte anche «il riconoscimento dell’imputato in termini di certezza, da parte dell’ex moglie Maurizia Bonini, nell’udienza del 21 luglio 2022». Sempre l’ex moglie ha indicato con precisione anche l’orario della presenza di Bellini alla stazione, compatibile con l’esplosione della bomba.

I parenti delle vittime: «Emerge il tradimento della democrazia»

«Emerge il tradimento alla democrazia, alle sue istituzioni e ai cittadini della Repubblica operato da vertici delle istituzioni e della politica che non si è mai identificata nei valori della Costituzione nata dalla Resistenza». È il commento degli avvocati di parte civile, rappresentanti dei parenti delle vittime della Strage di Bologna. L’indagine sui mandanti nacque proprio da un esposto dell’associazione dei familiari. Gli avvocati Andrea Speranzoni, Lisa Baravelli, Alessandro Forti e Alessia Merluzzioggi dedicano la motivazione a tutti i parenti delle vittime, «all’associazione 2 agosto, alla città di Bologna e alle istituzioni colpite dalla violenza fascista, senza dimenticare i tanti cittadini che non si sono mai arresi e che ci hanno fatto sentire in questi anni la loro vicinanza». Da una prima lettura delle oltre 1.700 pagine, proseguono i legali, «emerge l’esistenza di un’area grigia, non meno criminale, che ha consentito a terroristi neofascisti di attraversare l’Italia assassinando magistrati, uomini delle forze dell’ordine, cittadini inermi e 85 persone nella sala d’aspetto della stazione di Bologna, ferendone altre 216». La lettura richiederà del tempo, «si può tuttavia già notare che la strage del 1980 non fu che la prosecuzione della strategia della tensione inaugurata nel 1969 in Italia e che non fu l’ultima tappa della violenza politica che continuò a funestare l’Italia».

«Gli esecutori della strage ottennero soldi come compenso»

Per i giudici non ci sono dubbi che ad agire fu un commando «misto». «In conclusione, deve ritenersi – scrivono – che l’esecuzione materiale della strage di Bologna sia imputabile ad un commando di soggetti provenienti da varie organizzazioni eversive, tra i quali era presente Paolo Bellini, uniti dal comune obiettivo di destabilizzazione dell’Ordine democratico, coordinati dai funzionari dei servizi segreti o da altri esponenti di apparati dello Stato, che a loro volta rispondevano delle direttive dei vertici della Loggia P2, a cui avevano giurato fedeltà, con un vergognoso tradimento della Costituzione Repubblicana». Lo scrive la Corte di assise di Bologna nelle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo per Paolo Bellini per la strage del 2 agosto 1980. «In questo processo è emersa per la prima volta ed è stata ritenuta plausibile – sottolineano i giudici – una componente di natura retributiva, nel senso che coloro che parteciparono alla strage di Bologna percepirono un compenso in denaro».

di Roberto Russo

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