Progetto InnocentI

Strage di Erba: inammissibile la revisione della condanna di Rosa e Olindo. Il Procuratore Generale Guido Rispoli “chi ha proposto la domanda non ha letto le carte”

Il processo di revisione della sentenza di condanna all’ergastolo di Olindo e Rosa non si rifarà

Il Procuratore Generale, Guido Rispoli

La Corte di Appello di Brescia ha ritenuto inammissibile la domanda di revisione della sentenza di condanna all’ergastolo presentata dal sostituto procuratore generale di Milano Tarfusser e dagli stessi  Olindo Romano e Rosa  Bazzi. La sentenza dei giudici bresciani chiude una pagina triste della storia giudiziaria italiana. Dure le parole del Procuratore generale di Brescia che ha puntato l’indice contro gli stessi condannati e coloro che hanno sostenuto la domanda di revisione. Secondo il P.G. chi ha proposto la revisione non ha avuto nemmeno lo scrupolo di leggere le carte del processo, a carico di Rosa e Olindo vi è una cascata di prove a carico,  oltre alla coincidente confessione resa dagli stessi separatamente, le intercettazioni, le tracce di sangue delle vittime  sull’auto di Olindo, la testimonianza di Frigerio ed infine il chiaro movente. “Anche a noi l’istanza di revisione è apparsa a dir poco ambiziosa. Non vi era alcuna prova nuova idonea a destrutturare il giudicato di condanna. Gli elementi presentati dai ricorrenti altro non erano che una confutazione del giudizio di attendibilità del testimone Frigerio e della genuinità delle indagini scientifiche condotte dagli inquirenti. Anche la testi della induzione alla confessione è giustificata da una rilettura delle carte processuali che nulla hanno ac he vedere con la grammatica probatoria della revisione. Nel sistema italiano la revisione della condanna si fonda esclusivamente sulla prova nuova, sopravvenuta al giudicato o sebbene persistente non apprezzata dai giudici della cognizione nemmeno implicitamente“, ha dichiarato l’Avv. Baldassare lauria direttore della Fondazione Giuseppe Gulotta.

 La strage di Erba avvenne l’11 dicembre del 2006. Intorno alle 20:20, in un appartamento di via Diaz a Erba, in provincia di Como, furono assassinate quattro persone: Raffaella Castagna, 30 anni, suo figlio Youssef, due anni, sua madre Paola Galli, 57 anni, e una vicina di casa di Castagna, Valeria Cherubini, 55 anni. Tutte queste persone furono uccise con coltelli e armi contundenti. Il marito di Cherubini, Mario Frigerio, 66 anni, fu colpito alla gola da una coltellata, ma riuscì a salvarsi.

Inizialmente le indagini si concentrarono sul marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, Azouz Marzouk, che aveva precedenti per spaccio di stupefacenti. Si scoprì però presto che al momento degli omicidi Marzouk si trovava in Tunisia, in visita alla sua famiglia di origine.
L’8 gennaio del 2007 furono fermati e arrestati Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa di Castagna e Marzouk. Romano e Bazzi confessarono il 10 gennaio. Durante gli interrogatori Romano e Bazzi parlarono ai magistrati di dettagli che solo chi aveva commesso gli omicidi poteva conoscere: per esempio, dissero che Valeria Cherubini si era trascinata fino al pianerottolo del secondo piano, dove c’era il suo appartamento, oppure che i cuscini trovati accanto ai corpi di Raffaella Castagna e della madre Paola Galli erano stati usati per soffocare le urla.
Oltre alle confessioni, l’accusa portò a processo altre prove come la testimonianza di Mario Frigerio, che indicò Olindo Romano come autore dell’aggressione dopo aver descritto in un primo momento una persona diversa, e una macchia di sangue di Valeria Cherubini sull’auto Seat Arosa di Romano e Bazzi. Durante i processi Olindo Romano e Rosa Bazzi dichiararono sempre di essere innocenti. Furono condannati all’ergastolo. La sentenza fu confermata dalla Corte d’Appello di Milano e infine dalla Cassazione, l’ultimo grado di giudizio.
Dopo la sentenza di Cassazione, l’ultima possibilità prevista dal codice di procedura penale per correggere un possibile errore giudiziario è la revisione del processo, di fatto un nuovo processo che può essere chiesto «se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto». Oppure «se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato».

L'aula della Corte d'Appello di Brescia durante la prima udienza

L’aula della Corte d’Appello di Brescia durante la prima udienza (Ansa/Filippo Venezia)

Nell’ultimo anno sono state presentate due richieste di revisione per la strage di Erba: la prima dagli avvocati di Romano e Bazzi (Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello), la seconda dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser. Entrambe si basano su presunti errori commessi durante le indagini e su possibili nuove prove emerse grazie a consulenti di parte interpellati negli ultimi anni. Secondo la difesa di Romano e Bazzi, gli errori più gravi furono commessi durante la testimonianza di Mario Frigerio, nella gestione della confessione dei coniugi e infine nel ritrovamento della macchia di sangue sull’auto di Olindo Romano.

Mario Frigerio fu ascoltato per la prima volta in ospedale il 15 dicembre, quattro giorni dopo gli omicidi. Nella prima testimonianza disse di non conoscere l’aggressore e lo descrisse con alcune caratteristiche fisiche precise: alto e con la pelle olivastra. Non parlò mai di Olindo Romano.

Secondo gli avvocati di Romano e Bazzi, Frigerio cambiò versione dopo aver parlato con il luogotenente Luciano Gallorini e altri due carabinieri. Durante l’incontro in ospedale, a esplicita domanda di Gallorini, Frigerio disse di non poter escludere che l’aggressore fosse stato Romano. Stando a un’annotazione fatta da Gallorini e allegata all’inchiesta, Frigerio avrebbe chiesto ai carabinieri presenti perché gli avessero chiesto «dell’Olindo» e solo quel punto avrebbe detto, piangendo, che «il suo assassino poteva essere l’Olindo». Secondo 13 professori di psicologia e criminologia interpellati dalla difesa per sostenere la richiesta di revisione, durante il colloquio Gallorini fece sollecitazioni che potrebbero aver creato suggestioni in Frigerio. Nella stessa relazione degli esperti si legge che non è possibile passare dal ricordo di un soggetto completamente sconosciuto a uno relativo a una persona conosciuta, per giunta un vicino di casa.

Anche la confutazione relativa alla confessione di Romano e successivamente di Bazzi si basa su possibili suggestioni provocate dal confronto con gli investigatori. Prima di accusarlo formalmente, i carabinieri avrebbero parlato a Romano delle tracce di sangue trovate sull’auto e di tutte le altre possibili prove contro lui: la difesa sostiene che Romano, nella confessione, avrebbe ricostruito i fatti da questi colloqui. Il 10 gennaio, inoltre, due carabinieri avrebbero suggerito a Romano di confessare prospettando una condanna lieve grazie alle attenuanti. Nell’incontro con la moglie prima dell’interrogatorio, Romano disse a Bazzi che stava per confessare perché gli avevano assicurato che lei sarebbe tornata a casa e che lui se la sarebbe cavata con pochi anni di carcere. In realtà fu poi Rosa Bazzi a confessare per prima.

Secondo la difesa, nei due interrogatori Romano e Bazzi fecero molta confusione, e non riuscirono a fornire dettagli sulla morte di Valeria Cherubini che solo gli assassini avrebbero potuto conoscere. Nei mesi successivi sia Romano che Bazzi ritrattarono e da allora si dichiarano innocenti. Una delle presunte nuove prove portate dalla difesa è l’accertamento di “disturbi psicopatologici in Olindo e Rosa e deficit cognitivi importanti in Rosa”, risultato di una consulenza commissionata ad alcuni esperti. Si tratta di elementi non valutati nei tre gradi di giudizio.

La confessione di Olindo Romano

I difensori inoltre esprimono dubbi sul sangue trovato sull’auto di Olindo Romano. Nelle foto scattate dai carabinieri che si occuparono dei rilievi non è visibile nessuna traccia di sangue e mancano i cartelli identificativi delle prove. Secondo gli avvocati della difesa, il sangue poi esaminato potrebbe essere stato trovato altrove e non sull’auto di Olindo Romano. Nella richiesta di revisione presentata dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser si legge che il sangue esaminato «non è affatto indiscusso, ed anzi, è oltremodo discutibile e del tutto incerto che si tratti dello stesso reperto apparentemente prelevato sul battitacco dell’autovettura di Olindo Romano».

Una delle foto allegate all'inchiesta che mostrano il battitacco dove fu trovata una macchia di sangue

Una delle foto allegate all’inchiesta che mostrano il battitacco dove fu trovata una macchia di sangue

Dunque chi sarebbe il colpevole o i colpevoli degli omicidi? Gli avvocati della difesa ipotizzano che la strage sia stata compiuta per un regolamento di conti con Azouz Marzouk, il marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, per motivi legati allo spaccio. Gli avvocati hanno chiamato a testimoniare Abdi Kais, amico di Azouz Marzouk, mai sentito dai magistrati e dai giudici, secondo cui la strage sarebbe stata preceduta da litigi tra gruppi criminali che si contendevano le piazze di spaccio.

Durante la prima udienza le parti che rappresentano l’accusa e gli avvocati di parte civile avevano detto che nell’istanza di revisione del processo presentata dalla difesa e dal sostituto procuratore di Milano Tarfusser non ci sono nuove prove, e che nei tre gradi di giudizio erano emerse prove inconfutabili contro Olindo Romano e Rosa Bazzi. Il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli aveva detto che l’ipotesi di altri colpevoli è «inverosimile» e che è «impossibile ribaltare le prove». L’avvocato generale presso la Corte d’Appello di Brescia, Domenico Chiaro, aveva detto che le presunte nuove prove contenute nell’istanza di revisione presentata dagli avvocati di Olindo Romano e Rosa Bazzi sono «suggestioni mediatiche, non fatti nuovi dal punto di vista probatorio».

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