Progetto InnocentI

La più grave falsificazione giudiziaria della storia d’Europa: costretto a confessare sotto tortura è assolto dopo 36 anni

Dopo un lungo e tormentato iter processuale, GULOTTA GIUSEPPE è stato condannato dalla Corte di Assise di Appello di Catania il 29.11.1989 alla pena dell’ergastolo perché ritenuto colpevole del duplice omicidio dei Carabinieri CARMINE APUZZO e SALVATORE FALCETTA, entrambi in servizio presso la stazione dei carabinieri di Alcamo Marina, località balneare vicino ad Alcamo in provincia di Trapani. Prima di quella sentenza il GULOTTA era stato assolto dalla Corte di Assise di Trapani in data 10.02.1981, condannato dalla Corte di Assise di Appello di Palermo all’ergastolo in data 23.06.1982, sentenza annullata dalla Cassazione, condannato ancora con sentenza della Corte di Assise di Appello di Palermo in data 26.11.1985, annullata dalla Cassazione in data 12.10.1987. La Corte di Assise di Appello di Caltanissetta condannava il GULOTTA alla pena di anni trenta, la cui sentenza veniva ancora annullata dalla Cassazione che rimetteva gli atti alla Corte di Assise di Appello di Catania che ha infine pronunciato la sentenza alla pena dell’ergastolo. Così, ben otto processi hanno impegnato la vita del giovane GULOTTA a partire dal 1976 al 1990, anno in cui venne arrestato e da allora ininterrottamente detenuto presso il carcere di San Gimignano in Toscana. Nel 2004 è stato ammesso al regime della semilibertà e nel 2010 alla libertà condizionata, ma è un uomo totalmente cambiato, invecchiato, che ancora però crede nella giustizia e in una magistratura che ne sappia interpretare davvero il senso.

IL FATTO

La sera del 27 Gennaio 1976 un “commando” fece irruzione nella casermetta di Alcamo Marina e uccise i due Carabinieri mentre dormivano. Le indagini presero subito la direzione della matrice politica essendo pervenuto agli inquirenti un volantino di un sedicente gruppo politico ispirato alle Brigate Rosse, ma fino al 11.2.1976 nessun elemento di interesse investigativo venne acquisito. La notte dell’ 11.02.1976 in un posto di blocco ad Alcamo venne fermato VESCO GIUSEPPE a bordo di una macchina rubata ed in possesso di una pistola di marca Beretta dello stesso tipo di quella utilizzata dai carabinieri: si scoprirà dopo, che era proprio l’arma rubata all’interno della casermetta ove furono trucidati i Carabinieri. Dopo un lungo interrogatorio, condotto dal nucleo antiterrorismo di Napoli intervenuto nelle indagini, VESCO GIUSEPPE ammise il suo ruolo nell’eccidio e chiamò in correità MANDALA’ GIOVANNI, SANTANGELO GAETANO, FERRANTELLI VINCENZO e GULOTTA GIUSEPPE, gli ultimi tre, amici e vicini di casa del VESCO. Fermati nella notte a cavallo tra il 12 ed il 13 febbraio ed interrogati con le stesse modalità del VESCO tutti, tranne il MANDALA’, ammisero la propria partecipazione all’eccidio. Gli interrogatori di tutti i fermati, così come del VESCO, vennero in un primo tempo effettuati senza la presenza dei rispettivi difensori: il magistrato della Procura di Trapani non avocò a sé le indagini nonostante lo stesso fosse intervenuto presso la caserma di Alcamo ove i fermati erano stati portati.
Alla presenza dei loro difensori e innanzi il magistrato, presso la casa circondariale di Trapani, il pomeriggio del 13.02.1976 VESCO GIUSEPPE, FERRANTELLI, SANTANGELO e GULOTTA GIUSEPPE ritrattarono le rispettive confessioni denunciando di essere stati torturati dai carabinieri per indurli ad ammettere il proprio ruolo nell’eccidio: la sentenza di merito naturalmente ritenne inattendibile la ritrattazione degli imputati ed al contrario attendibili le dichiarazioni confessorie, che proprio perché si intrecciavano tra esse risultavano conducenti.

LA REVISIONE

Dopo oltre trent’anni, un ex brigadiere di quel nucleo antiterrorismo proveniente da Napoli, RENATO OLINO interrogato dal Procuratore della Repubblica di Trapani, Dott. GIACOMO BODERO MACCABEO rende la terribile verità. VESCO GIUSEPPE subito dopo l’arresto venne portato presso una casermetta di campagna (SIRIGNANO distante circa trenta chilometri da Alcamo) e sottoposto a torture indicibili: bendato, fu costretto a ingerire enormi quantitativi di acqua e sale, con l’ausilio di un imbuto mentre lo stesso veniva schiacciato fra due piani di legno, tecnica c.d. della cassetta. All’inqualificabile azione assisteva un medico che interveniva ogni volta che il VESCO perdeva i sensi per controllare il battito cardiaco. Le operazioni di tortura, durante le quali, con un telefono da campo, venivano provocate scariche elettriche sul corpo del VESCO, erano dirette dall’allora Ten. Col. GIUSEPPE RUSSO. GULOTTA GIUSEPPE venne invece sottoposto a sevizie all’interno della caserma dei carabinieri di Alcamo, ove ammanettato ad un termosifone veniva picchiato con violenza. Qualche tempo prima del processo VESCO GIUSEPPE dal carcere aveva preannunciato un memoriale nel quale avrebbe raccontato chi erano i veri suoi complici dell’eccidio del quale ammetteva tuttavia la propria responsabilità. Il memoriale non pervenne mai comunque alla A.G. in quanto lo stesso VESCO venne trovato morto suicida (?), impiccato ad una grata dell’infermeria del carcere di Trapani: VESCO aveva solo una mano perchè l’altra gli era stata amputata e non si capisce ancora oggi la dinamica del suicidio.
Il difensore di fiducia di allora F.L. ha dichiarato che, nonostante il suo intervento presso la caserma dei carabinieri nella notte del fermo del GULOTTA, il Ten. Col. RUSSO gli impedì l’intervento difensivo adducendo che lo stesso GULOTTA non era in stato di arresto e soltanto sottoposto ad accertamenti.
La richiesta di revisione è stata presentata alla Corte di Appello di Catania territorialmente competente. GULOTTA GIUSEPPE interrogato dal magistrato dichiarò: “non ho rancore nei confronti dell’Arma ma ora restituitemi la mia vita”. Nonostante l’evidenza delle prove nuove la Corte di Appello di Messina dichiarò inammissibile la richiesta di revisione ritenendo la prova addotta non idonea a rimuovere il giudicato. La Corte di Cassazione con sentenza del 9.6.2009 annullò quell’ordinanza e rimesso gli atti alla Corte di Appello di Reggio Calabria per il processo di revisione.
La vicenda si è ulteriormente tinta di giallo allorquando il collaboratore di giustizia, MESSINA LEONARDO nato a San Cataldo il 22.09.1955, sentito dalla D.D.A. di Palermo il 29.05.1999, riferì di avere appreso da CALI’ LUIGI che amici della famiglia di Alcamo si erano messi nei guai, specificando che tempo prima era stato programmato un attacco a varie sedi delle istituzioni ubicate in vari Comuni della Sicilia e che poco tempo prima della data fissata per l’esecuzione del piano era giunto un contrordine con cui si era deciso di soprassedere. La revoca del piano non fu mai comunicata ai componenti della famiglia di Alcamo che pertanto avevano assaltato la casermetta dei carabinieri. Nella dichiarazione MESSINA LEONARDO riferì di non essere rimasto sorpreso dalla rivelazione in quanto già nel 1970 era stato cooptato per partecipare all’assalto alle sedi di Firenze delle Forze dell’ordine in occasione del progetto di golpe Borghese.

L’EPILOGO PROCESSUALE E LA RESURREZIONE DI GULOTTA

Il 13 febbraio 2012 dopo un lungo processo di revisione, che ha visto anche la ricusazione del collegio giudicante che aveva anticipato il proprio pregiudizio, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha revocato la sentenza di condanna alla pena dell’ergastolo assolvendo da ogni accusa Gulotta Giuseppe. Per gli avvocati di Progetto Innocenti, Baldassare Lauria e Pardo Cellini, è stata cancellata una vergognosa pagina della giustizia italiana.

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