Nota alla sentenza della C.E.D.U. nr. 3405/21 del 11.05.2023 (G. Zaghini c. Repubblica di San Marino), di Lucia Galletta
Il caso all’attenzione dei giudici di Strasburgo riguarda una decisione di confisca adottata nei confronti del ricorrente cittadino italiano, GIANLUCA ZAGHINI, a seguito di un procedimento penale contro il proprio genitore imputato innanzi il Tribunale di Forlì per il reato di riciclaggio di denaro, che si concludeva con declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione e con l’ordine di restituzione di quanto cautelativamente sequestrato, tanto nel territorio italiano quanto in quello della vicina Repubblica Sammarinese. E purtuttavia, l’ Autorità Giudiziaria di San Marino ordinava la confisca dei rapporti finanziari intrattenuti dal ricorrente presso un istituto bancario in ragione di quanto accertato nell’ambito di altro procedimento penale nei confronti di terze persone.
La sentenza della CEDU nel respingere il ricorso ha ritenuto il provvedimento ablatorio del tutto proporzionato al legittimo scopo della lotta al riciclaggio di denaro, non rilevando perciò alcuna indicazione di arbitrarietà.
Nel ricorso alla CEDU, il ricorrente denunciava la violazione dell’art. 1 Protocollo 1 CEDU per assenza di una legittima – ai sensi della Convenzione – base legale nell’ingerenza dello Stato convenuto e, in subordine, il non rispetto dei principi di proporzionalità e necessità nell’azione statale.
Quanto all’assenza di una legittima base legale, questo dipendeva dalla circostanza che la confisca in oggetto (Misura emessa dallo Stato di San Marino) si rese possibile grazie all’applicazione di una Legge sammarinese non esistente al momento dei fatti contestati, ma intervenuta solo successivamente a questi. Nel dettaglio, trattavasi dell’articolo 147 del Codice penale sammarinese per come questo modificato nell’anno 2004 . I fatti, invece, risalivano all’anno 2003 .
Da ciò, la conseguente violazione del Principio di legalità ex art. 7 CEDU, principio che – secondo la stessa Corte EDU – deve rispettare la norma sulla quale si fonda una azione statale privativa della proprietà privata (art. 1 Protocollo 1 CEDU), specie e quando tale privazione deriva dall’applicazione di una misura penale.
Quanto, invece, alla violazione dei principi di proporzionalità e necessità, questo dipendeva dalla circostanza che la confisca in oggetto veniva emessa all’interno di un processo penale (quello sammarinese) estraneo al ricorrente, non riguardate le azioni di lui e nel quale egli mai venne citato ad alcun titolo o notiziato in alcun modo. Procedimento nel quale, quindi, egli non fu messo nelle condizioni di poter legittimamente intervenire e difendere ciò che a lui apparteneva.
La decisione di rigetto della Corte di Strasburgo nella controversia materia della confisca senza condanna “segna” un ulteriore passo in avanti verso il sistema della presunzione.
Ed infatti, quanto all’assenza di una legittima base legale, i Giudici hanno sostenuto che – nonostante la formale applicazione retroattiva della Legge penale – sia tuttavia possibile – ad oggi – interpretare gli eventi e la legge in vigore al momento dei fatti contestati in maniera tale da rende questa applicabile al caso, così assegnando alla Confisca denunciata una corretta base legale al fine di “salvare” la stessa. Per far ciò, da un lato, viene ipotizzata la possibilità di attribuire la proprietà del fondo confiscato ad un soggetto altro e difeso dal ricorrente (formale proprietà sino ad ora mai contestata) e, dall’altro lato, viene fornito dell’articolo 147 in vigore nell’anno 2003 un orientamento giurisprudenziale risalente all’anno 2015, orientamento, quindi, successivo non solo ai fatti contestati, ma anche all’anno di emissione della Confisca stessa (avvenuta nel 2008).
Quanto, invece, alla violazione dei Principi convenzionali in materia di Confisca penale senza condanna, i Giudici hanno sostenuto che, invero, in capo al Ricorrente vi fosse stata la concreta possibilità di sapere del processo penale sammarinese (processo nel quale veniva emessa la Confisca dei fondi di sua proprietà) e, quindi, l’opportunità di intervenire in questo, in quanto in tale processo erano imputati parenti di lui, per tal ragione – sostiene la Corte – pare “inverosimile” che il ricorrente non ne fosse venuto a conoscenza e, di conseguenza, non abbia trovato il modo di presentarsi ugualmente dinanzi alle Autorità di San Marino.
Per la difesa del ricorrente, la decisione della Camera si mostra palesemente contraria a consolidati principi convenzionali e, soprattutto, alla Convenzione stessa nei suoi articoli fondamentali e per tal ragione, verrà proposto appello nel Caso con regolare Istanza di Rinvio alla Grande Camera, denunciando la gravissima questione relativa all’interpretazione ed applicazione della Convenzione.