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Il passo indietro della Russia dal Consiglio d’Europa e dai diritti umani, Putin sempre più verso la dittatura

Secondo quanto riportato dall’agenzia russa Tass, il governo russo ha notificato la sua uscita dall’organizzazione – una decisione che era stata annunciata il 10 marzo scorso – con una lettera indirizzata dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, alla Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric. Il 25 febbraio, in seguito all’inizio delle operazioni militari in Ucraina, il paese era stato sospeso dall’organizzazione.

Martedì, sul proprio canale Telegram, il ministero degli Esteri russo ha pubblicato una dichiarazione in cui ha annunciato di aver avviato “la procedura per uscire dal Consiglio d’Europa”, affermando che “Ci separiamo senza rimpianti da un[a] simile” istituzione.

Fondato nel 1949, il Consiglio d’Europa – che non fa parte delle istituzioni dell’UE – ha lo scopo di promuovere i valori della democrazia, dello stato di dritto e della democrazia, e di prevenire gli scontri tra i suoi membri. Ne fanno parte 46 paesi: tutti quelli che sono geograficamente considerati europei tranne la Bielorussia, ma anche alcuni che non lo sono come la Turchia.

Tra i suoi organi più importanti c’è la Corte europea dei diritti umani (CEDU), che si occupa dei casi di persone che denunciano violazioni dei diritti umani da parte di uno o più Stati membri. In seguito alla sua uscita, la Russia non sarà più firmataria della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e i suoi cittadini non potranno più presentare ricorso alla CEDU.

Nel suo comunicato, il ministero degli Esteri russo ha scritto che l’uscita dall’organismo “non pregiudicherà i diritti e le libertà dei cittadini russi” e che “l’attuazione delle risoluzioni già adottate della Corte europea dei diritti dell’uomo continuerà, se non contraddicono la Costituzione russa”. Gli stati membri dell’UE e della NATO all’interno del Consiglio d’Europa, ha aggiunto, hanno trasformato l’organizzazione in uno “strumento per politiche anti-russe”.

L’uscita della Russia segnerà un cambiamento importante per la CEDU, che funge da tribunale di ultima istanza quando tutte le vie interne sono esaurite. I casi presentati da cittadini russi alla Corte, infatti, sono oggi 24 per cento del totale. Tra essi ci sono anche quelli come riguardanti il ​​dissidente Alexei Navalny.

È la prima volta – a parte il temporaneo ritiro della Grecia tra il 1969 e il 1974, nel periodo del governo militare instaurato con il colpo di stato dei colonnelli – che un paese membro decide di uscire dal Consiglio d’Europa. La decisione della Russia, che faceva parte dell’organismo dal 1996, apre la strada tra l’altro alla possibilità che il governo di Mosca reintroduca la pena di morte, la cui moratoria è un prerequisito per fare parte dell’organizzazione.

La notifica della decisione russa è avvenuta mentre l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, riunita in sessione straordinaria, votava un documento in cui sosteneva che “la Federazione Russa non possa più essere uno stato membro dell’organizzazione” a causa delle “gravi violazioni dello Statuto del Consiglio d’Europa incompatibili con lo status di Stato membro”, e in cui diceva che il Comitato dei Ministri del Consiglio avrebbe dovuto chiedere alla Russia “di ritirarsi immediatamente dal Consiglio d’Europa”.

In un comunicato congiunto diffuso martedì, il ministro degli Esteri italiano e attuale presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, Luigi Di Maio, il presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Tiny Kox, e la Segretaria generale Burić hanno affermato  che l’”aggressione ingiustificata e non provocata” della Russia all’Ucraina ha portato alla decisione “di avviare la procedura di espulsione della Federazione Russa dal Consiglio d’Europa prevista dall’articolo 8 dello Statuto”.

“Attraverso le loro azioni in Ucraina”, hanno aggiunto, “le autorità russe privano il popolo russo del beneficio del sistema di protezione dei diritti umani più avanzato al mondo, inclusa la giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo e il nostro vasto sistema di convenzioni.  Esprimiamo solidarietà al popolo russo che, crediamo fermamente, condivide i valori democratici e aspira a rimanere parte della famiglia europea a cui appartiene. Rimaniamo determinati a utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione per fornire supporto, soccorso e rimedi legali al popolo ucraino nella sua lotta contro l’aggressore e per continuare a perseguire la pace basata sulla giustizia e sulla cooperazione internazionale”.

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