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CONFISCA PREVENZIONE – BENI INTESTATI A TERZI – PROVA

Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza del 20.10.2010 – Al fine di disporre la misura di prevenzione della confisca, nel caso di beni formalmente intestati ad un terzo che si assumono nella disponibilità della persona sottoposta a misura di prevenzione personale quale indiziata di appartenenza ad associazione mafiosa, il giudice ha l’obbligo di addurre non più soltanto circostanze sintomatiche, di spessore indiziario, ma fatti che si connotino della gravità, della precisione, della concordanza, sì da costituire prova indiziaria dell’assunto che si tende a dimostrare: il superamento della coincidenza tra titolarità apparente e disponibilità effettiva dei beni. In caso contrario, la misura patrimoniale sarebbe imputata al terzo “in proprio”, con metodologia in punto di prova tipica del giudizio di pericolosità e, cioè, sulla base delle presunzioni indiziarie connesse a tale giudizio (Sez. 1^, 4 luglio 1995, n. 4017; Sez. 1, 10 novembre 1997, n. 6279; Sez. 5^, 28 marzo 2002, n. 23041; Sez. 2^, 23 giugno 2004, n. 35628). Incombe sull’accusa l’onere di dimostrare rigorosamente l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipoteso del carattere puramente formale della intestazione del bene, funzionale a favorire il permanere del bene stesso nella effettiva e autonoma disponibilità di fatto del proposto. La disponibilità, caratterizzata da un comportamento uti dominus del proposto, in contrasto con l’apparente titolarità del terzo, deve essere accertata con indagine rigorosa, intensa e approfondita, avendo il giudice l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia sulla base non di sole circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma di elementi fattuali connotati dai requisiti della gravità, precisione, concordanza. La L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, autorizza il sequestro e la confisca dei beni di cui la persona sottoposta a procedimento di prevenzione risulta poter disporre direttamente o indirettamente e fra questi rientrano, per presunzione di legge, sia pure relativa, i beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi: il legislatore presuppone, infatti, che l’indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso faccia in modo che i beni illecitamente ottenuti appaiano formalmente nella disponibilità giuridica delle persone di maggiore fiducia, ossia i conviventi, su cui grava, pertanto, l’onere di dimostrare l’esclusiva disponibilità del bene per sottrarlo alla confisca. L’art. 2 ter, come modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 10, comma 1, lett. d), n. 4, come coordinato con la Legge Di Conversione del 24 luglio 2008, n. 125, tipizza alcuni negozi che si ritengono per legge, in base ad una presunzione iuris tantum, fittizi fino a prova contraria, ove intercorrenti tra il proposto e determinate categorie di soggetti (coniuge, conviventi ed alcune categorie di parenti del medesimo proposto; qualsiasi altra categoria di soggetti, se si tratta di trasferimenti a titolo gratuito), stabilendo un limite temporale di operatività della presunzione (due anni antecedenti la proposta di misura).

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