Progetto InnocentI

LA TERZIETA’ DEL GIUDICE NEL SISTEMA NORMATIVO NAZIONALE E COMUNITARIO.

I valori costituzionali di terzietà ed imparzialità del giudice: dalla ricostruzione sistematica alla proclamazione espressa contenuta nell’art. 111 Cost..

E’ pacifico individuare il connotato essenziale della giurisdizione nel fatto di essere esercitata da soggetti che siano terzi ed imparziali rispetto agli interessi in gioco. Nel nostro ordinamento si tratta di principi espressamente proclamati nel testo dell’art. 111 Cost., come recentemente modificato dalla legge costituzionale 23.11.1999, n.2, ove si stabilisce che ogni processo debba svolgersi “davanti ad un giudice terzo ed imparziale”.

Va comunque detto che numerosi commentatori hanno dubitato del contenuto innovativo della riforma costituzionale, argomentando che la centralità del principio di terzietà ed imparzialità del giudice si poteva già cogliere nitidamente dal contesto dei valori costituzionali posti a fondamento e disciplina dell’attività giurisdizionale. Tanto che, proprio sul presupposto della sua esistenza, si è sviluppata, sopratutto nell’ultimo decennio, una fiorente giurisprudenza costituzionale, tutta incentrata sulla definizione dei concetti di terzietà ed imparzialità e sulla corrispondente costituzionalità dei congegni codicistici posti a presidio degli stessi: l’incompatibilità, l’astensione e la ricusazione.

E che i principi in discorso si potessero cogliere, implicitamente o esplicitamente, dalla Carta Costituzionale già prima della novella del 1999, oltre che dalla stessa legislazione ordinaria, lo si desume proprio dai concetti individuati da tali filoni giurisprudenziali.

In particolare, il caposaldo del concetto di terzietà si sviluppava dalla lettura dell’art. 101 co. II, Cost. che, nello stabilire che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, presuppone necessariamente una salda indipendenza dell’organo decidente da qualsiasi fattore esterno alle norme di legge da applicare nel caso sottoposto al suo esame.

La figura di un organo giudicante oltre che indipendente ed imparziale anche in posizione di terzietà rispetto agli interessi in gioco nel processo è stata poi costruita attorno ai parametri costituzionali ricavabili dagli artt. 3, 24 e 25 della costituzione.

Infatti, l’art. 25, affermando che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, non fa altro che rispondere alle esigenze di imparzialità, obiettività ed uniformità connesse alla funzione giurisdizionale,

2devolvendola ad un organo naturalmente precostituito per legge prima dell’insorgere dell’azione giudiziaria; mentre l’art. 24 Cost., garantendo la generale possibilità di agire in giudizio, nonchè l’assoluta inviolabilità del diritto di difesa, pone il nucleo essenziale del diritto alla tutela giudiziaria che costituisce senz’altro il solido presidio del diritto ad un giudizio equo ed imparziale.

Ora, se si coniugano tali principi con quello di uguaglianza posto dall’art. 3 Cost., ecco che emergono i caratteri essenziali del “giusto processo”, la cui piena attuazione postula la terzietà-imparzialità della giurisdizione. D’altra parte, si tratta di principi pure espressamente proclamati in trattati e convenzioni internazionali cui l’Italia aveva aderito ben prima della novella costituzionale del 1999.

Si pensi alla fondamentale importanza assegnata all’imparzialità del giudice dagli strumenti normativi più significativi in tema di salvaguardia dei diritti naturali dell’uomo: e cioè negli artt. 6, numeri 1, 14 e 10, rispettivamente, della Convenzione europea dei di diritti dell’uomo, del Patto internazionale sui diritti civili e politici e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In tutte e tre le norme con identiche parole si afferma che: “Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue […] par un tribunal indépendent et impartial”.

Analoghi principi sono poi ricavabili dalla legislazione ordinaria: si pensi proprio alla disciplina codicistica in materia di incompatibilità, astensione e ricusazione, nonchè al capo II del titolo I dell’ordinamento giudiziario (articoli da 16 a 19), ove si disciplina proprio il regime delle incompatibilità. per i magistrati ad esercitare funzioni proprio in vista della tutela dell’imparzialità del giudice e del suo disinteresse per gli affari sottoposti alla sua competenza. Sulla scorta di tali principi ha operato la giurisprudenza costituzionale, affermando la costituzionalizzazione della regola del giusto processo e della necessità di un giudice terzo ed imparziale anche in pronunce rese nella vigenza del codice Rocco.

Si pensi alla sentenza 15 dicembre 1986 n.268, nella quale la Corte, trattando della duplice funzione di inquirente e giudicante del Pretore, residuo caso di confusione delle figure di accusatore e giudice, aveva sottolineato che “ la coscienza sociale va sempre più chiaramente avvertendo l’inderogabilità di una rigorosa tutela della “terzietà” anche nella funzione del giudice-pretore; la Corte non potrebbe alla fine non rifletterla anche nella sua giurisprudenza, se i ritardi del legislatore dovessero perpetuarsi” (in Cass. Pen. 1987, 495, pp. 685 ss.).”

Tuttavia, come si è già detto, il terreno in cui hanno trovato maggiore applicazione i principi in discorso è stato il giudizio di legittimità costituzionale delle norme del codice di procedura penale del 1989 in materia di incompatibilità del giudice.

 

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