Progetto InnocentI

LIBERTA’ DI RELIGIONE NEL CASO DI LEYLA SAHIN V. TURCHIA

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 10.11.2005 –
La Corte ricorda che, come sancito dall’articolo 9, la libertà di pensiero, di coscienza e di religione è uno dei fondamenti di una “società democratica” ai sensi della Convenzione. Questa libertà è, nella sua dimensione religiosa, uno degli elementi più essenziali della identità dei credenti e la loro concezione della vita, ma è anche un bene prezioso per gli atei, agnostici, scettici e gli indifferenti. Vi è il pluralismo – ha vinto a caro prezzo nel corso dei secoli – che non può essere dissociata da tale società. Questa libertà comporta, tra l’altro, di tenere o meno una religione di praticare o meno la pratica (v., in particolare, Kokkinakis V. Grecia, Causa May 25, 1993, AO 260-A, p. 17, § 31; Buscarini e altri contro San Marino [GC], n.O24645/94, § 34, CEDU 1999-I).

105. Se la libertà di religione è in primo luogo una questione di coscienza, esso implica anche per manifestare la propria religione privatamente e singolarmente o collettivamente, in pubblico e all’interno del cerchio di coloro la cui fede uno parti. Sezione 9 elenca le varie forme che possono essere la manifestazione della religione o le convinzioni personali, vale a dire il culto, l’insegnamento, le pratiche e il rispetto (v., mutatis mutandis, Cha’are Shalom Ve Tsedek c. Francia [GC], n.O 27417/95, § 73, CEDU 2000-VII).

L’articolo 9 non protegge ogni atto motivato e ispirato da una religione o le convinzioni personali (si veda, tra gli altri, Kalac V. Turchia, Caso 1er Luglio 1997 Raccolta delle sentenze e delle decisioni 1997-IV, p. 1209, § 27, Arrowsmith v. Regno Unito, NO 7050/75, relazione della Commissione del mese di ottobre 12, 1978, Decisioni e Rapporti (DR) 19 p. 5 C.c. Regno Unito, NO 10358/83, decisione della Commissione del dicembre 15, 1983, DR 37, p. 142 e Tepeli e altri contro Turchia (dicembre), nonO31876/96, September 11, 2001).

106. In una società democratica, in cui le religioni diverse convivono all’interno della stessa popolazione, può essere necessario alla coppia la libertà di manifestare la religione o le convinzioni personali di limitazioni di conciliare gli interessi dei vari gruppi e garantire la il rispetto delle convinzioni individuali (Kokkinakis, Supra, p. 18, § 33). Questo deriva sia comma 2 della sezione 9 e gli obblighi positivi che spettano allo Stato ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione riconosce che ogni persona nell’ambito della sua giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nella Convenzione .

107. La Corte ha più volte sottolineato il ruolo dello Stato come un esercizio imparziale e neutrale delle varie religioni, fedi e credenze, e ha indicato che questo ruolo è quello di assicurare l’ordine pubblico, l’armonia e la tolleranza religiosa in una società democratica. Ella ritiene inoltre che il dovere di neutralità e imparzialità dello Stato è incompatibile con qualsiasi potere discrezionale da parte di essa sulla legittimità delle credenze religiose o le modalità di espressione di questi (Manoussakis e altri contro Grecia, Causa Settembre 26, 1996, Reports 1996-IV, p. 1365, § 47, Hassan e Chaush C. Bulgaria [GC], n.O 30985/96, § 78, CEDU 2000-XI Refah Partisi (Partito del Welfare) e altri controTurchia [GC], n.os 41340/98, 41342/98, 41343/98 e 41344/98, § 91, CEDU 2003-II), e ritiene che essa impone allo Stato di garantire che i gruppi concorrenti tollerare ogni (Partito Comunista dei Turchia e altri contro Turchia, Causa Gennaio 30, 1998, Reports 1998-I, p. 27, § 57). Pertanto, il ruolo delle autorità in questi casi non rimuove la causa della tensione, eliminando il pluralismo, ma per garantire che i gruppi di opposizione a tollerare l’altro (Serif V. Grecia, NO 38178/97, § 53, CEDU 1999-IX).

108. Pluralismo, la tolleranza e di apertura che caratterizza una “società democratica”. Anche se a volte deve subordinare gli interessi individuali a quelli di un gruppo, la democrazia non è riducibile alla supremazia costante il parere della maggioranza, ma Fine di un equilibrio che garantisca gli individui di minoranza un trattamento giusto ed evitando qualsiasi abuso di posizione dominante (v. mutatis mutandis, Young, James e Webster c. Regno Unito, Causa Agosto 13, 1981, AO 44, p. 25, § 63; Chassagnou e altri contro Francia [GC], n.os 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 112, CEDU 1999-III). Il pluralismo e la democrazia deve essere basato sul dialogo e uno spirito di compromesso, che implica necessariamente la parte di individui di diverse concessioni che sono giustificati per la protezione e la promozione di ideali e valori di una società democratica (vedi mutatis mutandis, Partito Comunista dei Turchia e gli altri, Supra, pp. 21-22, § 45, e Refah Partisi (Partito del Welfare) e le altre, Supra, § 99). Se i “diritti e delle libertà altrui” sono a loro volta tra quelli garantiti dalla Convenzione o dei suoi protocolli, si deve ammettere che la necessità di proteggere i loro possa indurre gli Stati a limitare altri diritti o libertà sono sanciti nella Convenzione è proprio questa costante ricerca di equilibrio tra i diritti di ciascuno è alla base di una “società democratica” (Chassagnou e altri, Supra, § 113).

109. Quesiti Dove sono coinvolti circa il rapporto tra Stato e religione, in cui le differenze profonde può ragionevolmente esistere in una società democratica dovrebbe essere data particolare importanza al ruolo della decisione nazionale (v. mutatis mutandis, Cha’are Shalom Ve Tsedek, Supra, § 84; Wingrove c. Regno Unito, Causa Novembre 25, 1996, Reports 1996-V, pp. 1957-1958, § 58). Questo è particolarmente vero quando si tratta di regolamentare l’uso di simboli religiosi nelle scuole, in particolare, come dimostra il confronto-punti (legge 55-65 di cui sopra), data la diversità degli approcci nazionali a questo proposito. Infatti, non è possibile discernere in tutta Europa una concezione uniforme del significato della religione nella società (Otto-Preminger-Institut c. Austria, Causa Settembre 20, 1994, AO 295-A, p. 19, § 50) e il significato o l’impatto di atti corrispondenti a l’espressione pubblica della fede religiosa non sono gli stessi in tempi e contesti diversi (si veda, ad esempio, Dahlab V. Svizzera (Dicembre) nO 42393/98, CEDU 2001-V). La normativa sarà di conseguenza variano da un paese all’altro a seconda delle tradizioni nazionali e le esigenze imposte dalla tutela dei diritti e delle libertà altrui e di mantenere l’ordine pubblico (cfr. mutatis mutandis, Wingrove, Supra, p. 1957, § 57). Pertanto, la scelta per quanto riguarda la portata e le modalità di regolamentazione devono, necessariamente, essere in una certa misura a sinistra per lo Stato interessato, in quanto dipende da specifici contesti nazionali (v., mutatis mutandis, Gorzelik e altri, Supra, § 67, e V. Murphy Irlanda, nO 44179/98, § 73, CEDU 2003-IX).

110. Tale potere discrezionale è coerente con una vigilanza europea, sia la legge e le decisioni di applicazione. Il compito della Corte è quello di determinare se le misure adottate a livello nazionale sono state giustificate in linea di principio e proporzionate (Manoussakis e altri, Supra, p. 1364, § 44). Per delineare la portata di tale discrezionalità, in questo caso, la Corte deve esaminare la questione, e cioè la tutela dei diritti e delle libertà altrui, gli imperativi di ordine pubblico, la necessità di mantenere la pace civile e vero pluralismo religioso, che è essenziale per la sopravvivenza di una società democratica (v., mutatis mutandis, Kokkinakis, Supra, p. 17, § 31, Manoussakis e altri, Supra, p. 1364, § 44; Casado Coca, Supra, p. 21, § 55).

111. La Corte ricorda anche che, nelle decisioni Karaduman V.Turchia (nO 16278/90, decisione della Commissione del maggio 3, 1993, DR 74, p. 93) e Dahlab, Supra, gli organi della Convenzione hanno ritenuto che in una società democratica, lo Stato può limitare l’uso del velo islamico se ne intacca l’obiettivo di tutelare i diritti e le libertà altrui, l’ordine e la sicurezza pubblica. Nella causa Karaduman di cui sopra, le misure adottate in università per evitare che alcuni movimenti religiosi fondamentalisti da esercitare una pressione sugli studenti che non praticano la religione in questione, oppure quelli che appartengono a un’altra religione non sono stati considerati come un’interferenza ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione. Pertanto, si è stabilito che gli istituti di istruzione superiore in grado di regolare l’espressione di riti e simboli di una religione da imporre restrizioni su luogo e modalità al fine di assicurare il mix di studenti fedi diverse e quindi la tutela dell’ordine pubblico e le credenze degli altri (vedi anche Refah Partisi (Partito del Welfare) e le altre, Supra, § 95). Come parte del caso Dahlab supra, che riguardava un docente di una classe di bambini piccoli, la Corte ha posto particolare enfasi sul “potente simbolo esterno” che rappresenta l’uso del velo da esso e si chiedeva l’effetto di proselitismo che può nutrire un tale simbolo in quanto sembrava essere imposto alle donne da un precetto religioso difficilmente conciliabile con il principio della parità di genere. Ha inoltre preso atto della difficoltà di conciliare il velo islamico da un insegnante con il messaggio di tolleranza, il rispetto per gli altri e soprattutto tutti, l’uguaglianza e la non discriminazione, in una democrazia, tutti gli insegnanti dovrebbero trasmettere ai loro studenti .

 

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