Il paese di Bolsonaro non ha offerto alcuna garanzia sul rispetto dei diritti umani garantiti dalla convenzioni internazionali
È stato scarcerato il figlio del boss di mafia Tano Badalamenti, arrestato lo scorso anno per una condanna per stupefacenti maturata alcuni anni fa all’estero. I giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo, accogliendo l’opposizione dei legali di Leonardo Badalamenti (61 anni), Avvocati Baldassare Lauria e Nino Ganci, hanno anche respinto la richiesta di estradizione del Brasile. Il timore dei giudici è che nelle carceri brasiliani badalamenti possa essere sottoposto a trattamenti disumani e degradanti. Il detenuto ha già lasciato il carcere di Pagliarelli, in cui era recluso dal 4 agosto 2020.
L’uomo – figlio di don Tano Badalamenti (mandante del delitto di Peppino Impastato) – era stato arrestato in Italia in seguito al tentativo di prendere nuovamente possesso di un casolare, prima sequestrato e poi restituito dalla Corte d’Assise di Palermo. In Italia non ha maturato alcuna condanna, mentre la richiesta di estradizione riguarda una pena di 5 anni e dieci mesi per «traffico di sostanza stupefacente» emessa dal Tribunale di San Paolo. «Non è qui richiesto, ne ritenuto opportuno riportare le prove e le scansioni procedurali che hanno giustificato la condanna definitiva del Badalamenti», hanno scritto i giudici della Corte d’appello. «Nell’impossibilità di accertare che Badalamenti non sarà sottoposto a `maltrattamenti, torture e trattamenti crudeli, disumani e degradanti´ – scrivono i magistrati – e, anzi, nella ragionevole convinzione che tali condizioni in concreto si verificheranno, la richiesta di estradizione a parere di questa Corte deve essere rigettata».
Il figlio di «don Tano» il 4 agosto 2020 fu arrestato dagli agenti della Dia (Direzione investigativa Antimafia). Nel corso del procedimento il sostituto procuratore generale Carlo Marzella ha espresso parere favorevole all’estradizione, mentre i difensori avevano chiesto degli accertamenti istituzionali sulle condizioni carcerarie in Brasile e nello stato di San Paolo. La Corte, oltre ai report di organizzazioni non governative come Amnesty International o l’Unhcr, ha acquisito anche dei documenti inviati dall’Ambasciata del Brasile. Secondo i giudici, tuttavia, le informazioni ricevute per via diplomatica erano «assolutamente generiche», tanto che «non vengono indicate le misure `dell’alloggio´, ne `il numero degli occupanti´ evidenziando l’assenza di «informazioni `individualizzate´ sul regime di detenzione che sarà riservato in concreto all’estradando».
“E’ stata evitata una grave violazione dei principi di diritto di cui all’art. 3 CEDU, la situazione delle carceri brasiliane non è compatibile con gli standards minimi di protezione del detenuto” ha commentato l’Avv. Baldassare Lauria.