CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZIONE PRIMA PENALE, SENTENZA DEL 23.09.2013 NR. 39204
Non e’ dubbio che le novelle normative del 2008 e del 2009 abbiano definitivamente spezzato il nesso di necessaria presupposizione tra misure personali e misure reali, richiedendo unicamente, ai fini della confisca, l’accertamento incidentale della riconducibilita’ del proposto in una delle categorie dei potenziali destinatari dell’azione di prevenzione.
Esse hanno segnato la conclusione di un processo normativo di progressiva erosione del nesso di presupposizione tra misure personali e misure patrimoniali, che ebbe inizio tempo addietro con l’introduzione – Legge n. 55 del 1990 – nell’ordinamento di prevenzione della possibilita’ di instaurare o proseguire il procedimento nei confronti dell’assente, del residente o del dimorante all’estero, sottoponibile alla misura personale al solo fine dell’emissione dei provvedimenti di sequestro e confisca, o anche di aggredire i beni della persona gia’ sottoposta a misura di sicurezza detentiva o a liberta’ vigilata.
La raggiunta piena autonomia della confisca non ha determinato, infatti, un mutamento qualitativo cosi’ rilevante da imporre una revisione delle ricostruzioni interpretative sino ad ora operate e, in particolare, del principio consolidato per il quale “le misure di prevenzione, al pari delle misure di sicurezza, possono essere applicate anche quando siano previste da una legge successiva al sorgere della pericolosita’ sociale, in quanto le stesse non presuppongono uno specifico fatto di reato, ma riguardano uno stato di pericolosita’ attuale cui la legge intende porre rimedio” – Sez. 6, n. 11006 del 20/1/2010 (dep. 22/3/2010), Cannone, Rv. 246682 -.
Detto principio, in particolare, non e’ posto nel nulla dal fatto che ora la confisca e’ applicabile in assenza dello stato di pericolosita’ attuale del proposto, mentre l’articolo 200 c.p. implica – come affermato anni addietro dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 19 del 1974 (le cui statuizioni sono state ribadite dall’ordinanza n. 392 del 1987) – la correlazione delle misure di sicurezza alla pericolosita’, che e’ situazione, per sua natura, attuale, assunto questo che smentisce peraltro il diffuso convincimento circa la retroattivita’ delle misure di sicurezza.
Occorre, infatti, porre mente ad un dato normativo di non secondaria importanza, ossia che la disposizione dell’articolo 200 c.p. trova applicazione in materia di misure di sicurezza patrimoniali, cui sono assimilate a tal fine le misure di prevenzione patrimoniali, non gia’ in via diretta, ma per effetto del richiamo operato dall’articolo 236 c.p., che ha cura di selezionare con puntualita’ le disposizioni applicabili anche alle misure patrimoniali, ovviamente sul presupposto, implicito ma inequivoco, che la diversita’ strutturale tra i due tipi di misure impedirebbe la naturale estensione di disciplina dettata espressamente per le prime.
Cio’ vale, per quel che qui interessa, per la disposizione di cui all’articolo 200 c.p., comma 1, che per la riferibilita’ diretta alla misure di sicurezza personali implica la situazione di pericolosita’, necessariamente attuale – secondo quanto precisato dalla giurisprudenza costituzionale – se afferisce alla persona. Non si puo’, infatti, definire una pericolosita’ personale che non sia attuale, essendo irragionevole ipotizzare che ad una persona non piu’ pericolosa si possano applicare misure di sicurezza personali.
Diverse valutazioni devono invece farsi per le misure patrimoniali, perche’, rispetto ai beni, di pericolosita’ puo’ dirsi in modo non sovrapponibile. Non ha significato rispetto ad una res, in special modo per quelle la cui pericolosita’ sia collegata alle modalita’ di acquisizione alla titolarita’ di un soggetto e quindi alla loro origine patrimoniale, l’assunto che la pericolosita’ debba essere per necessita’ attuale, perche’ la strutturale staticita’ dei beni non consente evoluzioni apprezzabili sul piano del giudizio di pericolosita’ che non siano talmente radicali da identificarsi con l’evento ablatorio, costituito appunto dalla confisca, e quindi con la rottura del nesso originario di illecita acquisizione al patrimonio.
E’ pur vero che, prima delle novelle normative del 2008 e del 2009, il principio desumibile dal sistema di prevenzione patrimoniale era che le misure del sequestro e della confisca trovavano fondamento non soltanto nei caratteri dei beni che ne erano oggetto, perche’ esse si rivolgevano “non a beni come tali, in conseguenza della loro sospetta provenienza illegittima, ma a beni che, oltre a cio’, …(erano) nella disponibilita’ di persone socialmente pericolose …”, si’ che “la pericolosita’ del bene …(era) considerata dalla legge derivare dalla pericolosita’ della persona che ne …(poteva) disporre” – Corte cost., sentenza n. 335 del 1996 -. Ma la piu’ volte menzionata riforma, nel concentrare l’attenzione sulla pericolosita’ del bene, connessa direttamente alle modalita’ di acquisto, non ha mutato la natura della confisca, che puo’ ancora essere ritenuta priva di carattere sanzionatorio di natura penale e quindi riconducibile, per le oggettive diversita’ dalle misure di prevenzione in senso stretto, a un “tertium genus costituito da una sanzione amministrativa, equiparabile, quanto al contenuto e agli effetti, alla misura di sicurezza prescritta dall’articolo 240 c.p., comma 2”, secondo la definizione offerta anni addietro da Sez. U, n. 18 del 3/7/1996 (dep. 17/7/1996), P.G. in proc. Simonelli ed altri, Rv. 205262. Questa definizione, del resto, fu modellata nell’esame di un caso parimenti connotato dall’assenza di pericolosita’ sociale attuale in capo al proposto, in conseguenza dell’intervenuto decesso di questi prima della definitivita’ del provvedimento di prevenzione, seppure dopo che erano stati accertati i presupposti di pericolosita’ qualificata.
Come e’ stato affermato dalle Sezioni unite con la sentenza appena citata, la confisca risponde al fine di “eliminare dal circuito economico beni provenienti da attivita’ che … devono ritenersi ricollegate alla ritenuta appartenenza del soggetto ad un’associazione di tipo mafioso”, e questa connotazione ne esclude il carattere sanzionatorio di natura penale.
Deve allora prendersi atto che l’affrancamento dall’attualita’ della pericolosita’ del proposto non ha comportato alcun riassestamento teleologia) dell’istituto, quanto, se mai, un rafforzamento dell’efficacia rispetto all’originario fine, si’ come poc’anzi indicato con l’espressione mutuata dalla richiamata decisione delle Sezioni unite. E’ appena il caso di osservare che, se nell’originario sistema di prevenzione patrimoniale lo stato di pericolosita’ sociale del proposto avesse avuto un ruolo preponderante, tale che ora il ridimensionamento dovrebbe comportare un ripensamento complessivo di sistemazione dommatica e di definizione della disciplina, la confisca non avrebbe potuto strutturarsi con i caratteri dell’intervento ablatorio ordinariamente irreversibile – che ne hanno determinato l’inquadramento in un’autonoma categoria – ma avrebbe dovuto seguire, con il necessario connotato della provvisorieta’, le evoluzioni del giudizio sulla posizione personale del proposto, venendo meno con la cessazione della di lui pericolosita’ sociale. Gia’ questa osservazione elementare puo’ essere sufficiente ad affermare che le novelle normative del 2008 e del 2009 non hanno determinato una radicale inversione di
rotta nel disegno legislativo, ma hanno approfondito una tendenza che percorreva da tempo la materia, senza quindi comportare alcuna frattura col precedente sistema.
Il vero e’ che l’interesse pubblico all’eliminazione dal circuito economico di beni di sospetta illegittima provenienza, per l’appartenenza del titolare ad associazioni di tipo mafioso, sussiste per il solo fatto che quei beni siano andati ad incrementare il patrimonio del soggetto e prescinde dal fatto che perduri in capo a quest’ultimo lo stato di pericolosita’, perche’ la finalita’ preventiva che si intende perseguire con la confisca risiede proprio nell’impedire che il sistema economico legale sia funzionalmente alterato da anomali accumuli di ricchezza, quale che sia la condizione del soggetto che poi si trovi a farne in qualsiasi modo uso.
La riaffermazione della natura preventiva, e non sanzionatoria, della confisca anche dopo le novelle del 2008 e del 2009 rende manifestamente infondata la questione di costituzionalita’ prospettata nel motivo di ricorso ora in esame.
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