Progetto InnocentI

Strage di Erba, la Cassazione rigetta il ricorso della difesa di Olindo e Rosa: la richiesta di revisione fondata su congetture, senza alcuna “prova nuova”

Strage di Erba, la Cassazione respinge il ricorso: no alla revisione del processo, resta l’ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi

di Giusi Fasano, pubblicato da Corriere della Sera

I giudici della Suprema Corte hanno scritto la pagina finale del processo: non è stato ritenuto fondato nessuno dei motivi con i quali si chiedeva di rivedere la decisione di luglio presa dalla Corte d’Appello di Brescia che aveva dichiarato l’inammissibilità del nuovo procedimento

Strage di Erba, la Cassazione boccia la revisione del processo: non si torna indietro

Rosa Bazzi e Olindo Romano (Ansa)

 

La Corte di Cassazione ha scritto oggi la pagina finale sulla strage di Erba. Non si tornerà indietro per la revisione del processo contro Olindo Romano e Rosa Bazzi. Dopo l’inammissibilità della revisione – che era stata stabilita con una sentenza dalla Corte d’appello di Brescia a luglio del 2024 – gli avvocati dei due ergastolani avevano fatto ricorso, appunto, in Cassazione. Ma i giudici della Suprema Corte non hanno ritenuto fondato nessuno dei motivi con i quali si chiedeva di rivedere la decisione di luglio.

Chi aveva chiesto la revisione del processo?

Facciamo un passo indietro.
Per arrivare davanti ai giudici bresciani e discutere la revisione erano state presentate tre istanze praticamente in contemporanea. La prima (che ha fatto molto rumore) dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser; una seconda dal tutore di Olindo e Rosa e un’altra ancora dai loro avvocati, Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux. Si chiedeva l’audizione di «nuovi testimoni», la rivalutazione delle principali prove scientifiche del caso, la considerazione di racconti sostenuti in trasmisisoni televisive. Si ipotizzava la non attendibilità del supertestimone sopravvissuto alla strage, si consideravano possibili piste alternative legate alla criminalità organizzata… Insomma: una riscrittura totale per escludere Rosa Bazzi ed Olindo Romano come autori del fatto.

Le ipotesi bocciate: «Non ci sono errori nelle sentenze»

Ipotesi tutte bocciate, come dicevamo, senza nemmeno passare per l’audizione di un testimone o per nuove analisi scientifiche.
I contenuti delle richieste di revisione sono stati ripercorsi con questo ricorso in Cassazione. Citati per spiegare ai giudici romani i passi falsi della Corte d’Appello di Brescia. La Cassazione, come è noto, non entra nel merito delle sentenze ma valuta che siano corrette dal punto di vista procedurale-giuridico. Stando alla sentenza di oggi, quindi, i giudici di Brescia non hanno commesso errori.

Cade così l’ultimissima speranza per i due detenuti condannati all’ergastolo in primo, secondo e terzo grado. Salvo scovare in futuro nuovi elementi che possano ribaltare il verdetto passato in giudicato, adesso il solo ricorso per loro possibile è quello alla Corte europea dei diritti dell’uomo che può esprimersi sul fatto che sia stato equo o meno il processo a loro carico.
Anche questa volta, in attesa della decisione da Roma – come nei giorni in cui si discuteva la revisione – Rosa Bazzi ci sperava, Olindo Romano ci contava.

Fra i motivi d’appello più importanti, la difesa di Olindo e Rosa sosteneva che, nel motivare la sentenza di inammissibilità, la Corte «ha di fatto ammesso di avere compiuto ciò che in questa preliminare fase non può compiersi, ossia un giudizio. Giudizio che la stessa sentenza definisce (implicitamente) cartolare».

La strage di Erba

La cosidetta strage di Erba, lo ricordiamo, è stata una mattanza, la sera dell’11 dicembre 2006. Buio, sangue e fuoco che si sono portati via tre donne e un bambino. Olindo e Rosa uccisero la loro vicina di casa, Raffaella Castagna, suo figlio Youssef che aveva due anni, sua madre Paola e Valeria Cherubini, la vicina dell’ultimo piano che li aveva sorpresi sulle scale. Teste chiave di quel processo: Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini e sopravvissuto perché creduto morto.

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